23/08/2019
di Umberto Mastromartino
Monteleone, la sfida delle donne al fascismo 23/08/1942
Quella delle donne di Monteleone di Puglia è stata la prima rivolta di massa contro il fascismo in Italia. La rivolta delle donne di Monteleone è stato senza dubbio il primo segnale di malcontento in Italia delle masse (sebbene pochissimi lo sappiano persino fra gli storici) addirittura antecedente agli scioperi scoppiati nelle fabbriche del Nord nel marzo del 1943, in particolare a Torino. Accadeva nell’agosto del 1942, quando le armate italiane combattevano in Africa e le truppe hitleriane erano davanti a Stalingrado. A Monteleone, il comune più alto della Puglia, capitava invece che il 23 agosto 200 donne assaltassero la caserma dei carabinieri, per poi incendiare il municipio e tagliare i fili del telegrafo. A spingerle, la molla della fame dopo il diniego della molitura dei cereali e la chiusura del mulino per evitare macinazioni clandestine da parte delle autorità. La scintilla scoccò quando un drappello di militari strappò ad alcune donne in fila davanti a un forno le ceste di granoturco da destinare all’ammasso invece che al consumo delle famiglie. Dopo la battaglia, l’ordine tornò a Monteleone solo con un massiccio rastrellamento casa per casa disposto dal prefetto Dolfin, che diventerà poi un alto dirigente della Repubblica di Salò, arrivato nel Subappennino alla testa di un battaglione dell’esercito. In una ricerca condotta da Vito Antonio Leuzzi, direttore dell’Istituto pugliese per la storia dell’antifascismo, quella storia è tornata alla luce. “Fu una rivolta spontanea, durata un intera giornata – spiega Leuzzi nel volume Donne contro la guerra. La rivolta di Monteleone di Puglia”. La rivolta costò 92 arresti tra le donne di Monteleone che furono internate e dimenticate nelle prigioni della Capitanata ben oltre la Liberazione. Lo strascicò di incriminazioni, interrogatori e processi durò ben oltre la fine della guerra: solo nel 1950 la Corte di Appello di Bari riconobbe i reati estinti grazie all’amnistia del 1948. Nel corso del dibattimento si sottolineò che “la rivolta di Monteleone, sia pure per cinque – sei ore, tolse ogni potere alle autorità fasciste – disse nella sua requisitoria l’avvocato Quintino Basso, difensore con Vittorio Cavalli (a titolo gratuito) degli imputati; se lo stesso fatto si fosse verificato in più comuni d’Italia, il fascismo non sarebbe caduto un anno dopo, ma sin da allora”. La rivolta delle Monteleonesse costò la vita a due donne e a un uomo (un militare in licenza fu arrestato senza aver commesso nulla), spedito al fronte dove trovò la morte. Questa storia, finora affidata alla tradizione orale, ha ricevuto “sistemazione storica” grazie alle ricerche e agli studi curati dall’Amministrazione Comunale.
Michele Morra