SALUTE
08/11/2020
di Umberto Mastromartino
Lo sfogo di un operatore sanitario: "Ci sentiamo feriti, ma continuiamo a combattere"
In occasione della prima ondata della pandemia abbiamo reso i dovuti onori al personale sanitario, che non ha esitato a rischiare la propria vita per assistere le vittime del coronavirus, per dare loro una parola di conforto, per sostituirsi ai loro familiari negli ultimi istanti di vita.
Li abbiamo definiti eroi, perché tali sono. Ci sono stati momenti collettivi di forte empatia nei loro confronti, momenti in cui la comunità ha manifestato gratitudine e vicinanza.
Penso alla premiazione a Siponto di Monica Falocchi, bresciana, una delle infermiere simbolo della lotta al Coronavirus, immortalata anche sulla copertina del New York Times Magazine, che si allega alla presente.
Oggi tutto questo appare un ricordo sbiadito, dimenticato dalle nostre coscienze. Parte della cittadinanza ha rimosso quasi tutto. Il dolore, la morte, la solitudine, la fatica di quei giorni che assomigliano sempre di più a quelli che stiamo vivendo nella seconda ondata, che ha pervaso tutto il Paese.
In questi giorni abbiamo letto le parole del Direttore del Pronto Soccorso di Foggia, Paola Caporaletti, ed anche a me è capitato di raccogliere una nota di rammarico nelle parole di un autorevole operatore sanitario del Policlinico, che mi ha espresso i suoi sentimenti anche a nome di tanti suoi colleghi.
"Continuiamo a lavorare senza sosta, siamo in prima linea, non conosciamo orari- mi ha detto- sacrifichiamo le nostre famiglie, ma ci sentiamo "feriti" dalle numerose critiche che a volte ci vengono rivolte per la gestione dei pazienti, per non parlare delle numerose denunce, anche penali. Ma questo non ci ferma, anche se a volte ci sentiamo come disarmati di fronte alla "bestia" che ci attacca; anche oggi ho attaccato a prima mattina ed uscirò quando sarà buio, perché il senso del dovere me lo impone, perché salvare una vita umana è un dovere da cui non si prescinde".
Ecco, il dolore di una famiglia che viene travolta dal vortice di una simile tragedia merita rispetto, vicinanza e solidarietà umana.
Contestualmente il contesto drammatico che stiamo vivendo impone a noi tutti nervi saldi, unità e soprattutto il dovuto ringraziamento a medici ed infermieri che, più di qualunque altro, si stanno sacrificando per il prossimo, per il bene altrui, per salvare vite umane. E soprattutto evitiamo speculazioni, divisioni, strumentalizzazioni. È l'unico modo per uscirne, con dignità.
Pippo Cavaliere